mercoledì 6 ottobre 2010

Pensare in lol :)

Emoticons e abbreviazioni sono nate per sopperire alla mancanza del linguaggio non verbale nella comunicazione scritta.
Questi simboli dovrebbero aiutarci a tradurre quello che il linguaggio della scrittura non ci permette di comunicare con facilità al nostro interlocutore telematico. Tuttavia quello che troppo spesso accade è che affidiamo ad essi la custodia della nostra espressività deistituzionalizzando di fatto la nostra fisicità espressiva.
Questo iconismo antropomorfo ben si accorda con l'odierna esigenza di snellire il codice comunicativo e di renderlo immediatamente fruibile. Questo modo di comunicare sta perdendo la sua estemporaneità e si sta imponendo come strumento di comunicazione non solo nelle chat dov'è nato, data la rapidità della comunicazione in tempo reale, ma anche in blog, in alcune espressioni del linguaggio comune giovanile ma quel che è peggio anche nel nostro pensare.

E' così, in alcuni casi pensiamo in "lol" e questo avviene in modo inconsapevole così come molti emigrati all'estero dopo anni di convinvenza con una lingua diversa da quella natia iniziano a pensare nella lingua del paese ospitante.

Tralasciando le polemiche di chi vede in questo modo di comunicare la morte della nostra lingua, c'è da ammettere che questo fenomeno sta contibruendo in ogni caso ad un cambiamento.

Un'analisi oggettiva deve tenere in considerazione il fatto che il cambiamento qualunque esso sia non è giudicabile; giudicare un cambiamento come buono o cattivo vuol dire attribuirgli una soggettività che dovrebbe scaturire a logica da un'analisi a posteriori considerando che nell'equazione causa-effetto non vi è quasi mai un risultato di esclusiva positività o negatività.

"Certe volte sperimentiamo che il bene si rivela per noi un male, invece il male un bene" - Epicuro

Di certo c'è che questo modus sta contribuendo ad incrementare la distanza tra arte-letteratura e linguaggio comune.
L'arte del comunicare emozioni scrivendo è tra le arti quella che è stata più vicina al cuore della gente. La poesia in particolar modo e certa letteratura hanno sempre parlato la lingua del popolo, e hanno dato in molti casi un grande contribbuto alla crescita culturale della collettività. Insomma certa arte letteraria ha in passato esercitato un influenza importante nella popolazione.

Quel che mi sembra stia accedendo oggi è un po' un inversione di tendenza, il prepotente uso di un linguaggio semplice, povero nel proprio vocabolario sta avendo un peso significativo nei confronti della letteratura.

E' vero anche che è l'uomo che crea il proprio linguaggio e di conseguenza il proprio modo di esprimersi, ma il linguaggio dovrebbe essere specchio di ciò che abbiamo dentro sia esso linguaggio verbale che linguaggio non verbale. Da questo ragionamento scaturisce una semplice riflessione:

quando usi ":)" stai realmente sorridendo?

5 commenti:

  1. sai che ti dico?io non uso mai forme tipo lol e altro,tranne,devo ammetterlo gli smiley come nella tua ultima frase.pero' hai ragione spesso li uso senza davvro sorridere,quindi imparero' a farne senza,a meno che non stia sorridendo davvero.per fortuna comunque usavo solo quello.grazie per la riflessione.

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  2. Credo che il linguaggio sia codificazione dei nostri pensieri, che a loro volta non sono entità dipendenti come le parole, ma siamo noi, nel processo di codificazionea, a renderli dipendenti da una logica. Con ciò intendo dire che si avverte la necessità di usare un linguaggio ampio a livello di lessico e contenuti, quando si vuole esprimere un concetto ricco, un pensiero reale, illogico.
    La logicità dei pensieri oramai fa parte di noi, del nostro continuo ciarlare. Più parliamo, meno pensiamo, un matematico le definirebbe grandezze inversamente proporzionali...
    Il filosofo Empedocle per es. riteneva che il mondo funzionasse alternando la fase amore, che aggrega e la fase odio, che disgrega. Probabilmente bisognerebbe alternare una fase di logicità a una di illogicità, attribuendo paradossalmente alla logica la fase "disgregazione" e all' illogicità la fase "amore". L'uomo quindi ha bisogno dei suoi momenti/periodi di silenzio, di illogicità e dei suoi momenti di dialogo, di logicità. Non intendo dire che debba finire in un ciclo infinito dal quale sia impossibile venir fuori, ma deve accettare la sua natura: se abbiamo il dono della voce, servirà pur a qualcosa. Direbbe Talete che la vita dell'uomo è come il ciclo dell'acqua, non importa che tu sia pioggia o che tu stia evaporando o che tu sia il mare, sarai sempre acqua.

    Pace alla comunicazione, nessuna ricchezza andrà persa.

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  3. @GiorgiaEDA: credo di aver parlato di tutt'altro e comunque non ho dato un'accezione ne negativa ne positiva all'argomento della mia riflessione.

    Tralasciando i punti del tuo discorso che non condivido, mi viene in mente un'altra riflessione a questo punto:
    "...un matematico le definirebbe..."; "Il filosofo Empedocle per es. riteneva che..."; "Direbbe Talete che..."

    Lo so cosa diceva questa gente, ma GiorgiaEDA cosa pensa?

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  4. Si può anche notare come molte persone in chat o facebook o sms ecc... carichino le proprie emozioni (con smile, risate e linguette da fuori) molto più di come li si vede fare nella realtà (nella realtà non sorrido mai e sono un po' scontroso, in chat c'è un lol ad ogni frase). Certamente è una cosa dipendente dal mezzo, quindi che vi siano o meno le emoticon, ma secondo me è potenziata dall'uso di esse.

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  5. Sono partita dalla frase "Il linguaggio dovrebbe essere specchio di ciò che abbiamo dentro" perchè ero intenta a chiarire bene questo concetto, in modo da poter poi ampliare la discussione, non volevo andare "fuori tema".
    Il mio punto di vista è quello che ho esplicato all'inizio, mi sono servita di alcuni esempi citando altre persone.
    Cerco di esser più chiara...
    Io ritengo che il pensiero sia illogico e, in quanto tale, non può essere plasmato da convenzioni logiche, tipo il "lol"di cui parli. Credo che tutto ciò che riguardi la comunicazione (orale, scritta e telematica) non possa influenzare il pensiero, ma solo la codificazione di esso.
    Prima del "pensiero", infatti, avviene l'intuizione del pensiero, per cui quando pensiamo (in italiano o in inglese ecc) o immaginiamo stiamo codificando un'intuizione.
    Un processo razionale non può avere conseguenza sulle intuizioni...

    Inoltre non credo che la letteratura risentirà le conseguenze di questa "praticità" in quanto l'arte dello scrivere è l'arte di chi ha cura del proprio messaggio (costui cercherà dunque da solo i mezzi che possano aiutarlo in questo) e non solo l'arte di chi ha qualcosa da dire, altrimenti saremmo tutti poeti e scrittori (anche se questo è quel che oggi accade). Credo che la ricerca dei vocaboli "adatti/giusti" resterà sempre un bisogno per tutti coloro che sono ancora attratti davvero dal proprio pensare. Quindi non c'è da preoccuparsi a mio parere.

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