lunedì 30 maggio 2011

I confini del Parkour

Negli ultimi mesi mi sono imbattuto in alcuni video su youtube, che mi hanno portato a riflettere su un argomento sin troppo delicato. Il parkour è una disciplina giovane, come un blocco di marmo che ha preso una forma ma a cui lo scultore man mano continua a smussare bordi e migliorare i dettagli.

Detto in modo molto spicciolo qual è il confine, sempre se esiste un confine, della nostra disciplina?

Ed ecco i fantasmi del passato che puntualmente riemergono. La diatriba tra l'uso del termine parkour e del termine freerun è storica in tutto il mondo. Oggi sappiamo che l'etimo 'freerun' nasce dall'esigenza di dare un nome che fosse più familiare agli anglofoni. Quindi potremmo dire che parkour e freerun sono la stessa cosa scritta e pronunciata in maniera differente. Capitolo chiuso? Solo da un punto di vista filologico.

Nell'immaginario collettivo di moltissimi praticanti con il nome parkour ci si riferisce a quella parte della disciplina in cui prevale una componente utilitaristica ed essenziale legata all'economicità del movimento e in termini artistici potremmo dire 'minimale', il freerun invece è spessissimo visto come la parte “estrema” della disciplina, votata all'estetica alla spettacolarità ed alla bellezza del movimento in termini artistici potremmo dire 'barocca'.

Ma siamo sicuri che stiamo parlando di due facce della stessa medaglia o è più corretto affermare che si tratta di due medaglie diverse?

Facciamo quindi un esempio grafico tenendo per il momento da parte il discorso storico legato a nome.

Ipotesi 1: Stessa medaglia

Immaginiamo il parkour come fosse una retta AB (tanto per usare due lettere a noi familiari) – più ci avviciniamo al punto A più portiamo la nostra pratica ad un estremo utilitaristico, minimalista ed essenziale (salto, arrampicata, corsa) al contrario più ci avviciniamo al punto B più estremizziamo verso il barocchismo (volteggi complessi, acrobatica, competizione)


[essenzialità]: A______________________________B: [esteticità]

Dando per buona questa semplificazione schematica, il nostro modo di praticare ci collocherà all'interno di questa retta in un determinato punto più o meno vicino al punto A o B a seconda del nostro modo di muoverci all'interno dello spazio.

Ipotesi 2: Due medaglie distinte

Esiste però un'altra corrente di pensiero che vede il parkour e il freerun come due discipline differenti. In questo caso quindi avremo due schemi per due discipline ed i fattori A e B cambieranno radicalmente rispetto all'esempio precedente:

A*_________________________________B* A___________________________________ B


Nello schema che rappresenta il parkour lungo tutta la retta i fattori in comune saranno sempre l'essenzialità del movimento, l'interazione tra praticante ed ambiente circostante, il movimento nello spazio (inteso come corsa o comunque spostamento per raggiungere un obiettivo fisico)

Punto A*:

    • altezze modeste, ridotto lavoro sulla paura
    • ridotta velocità d'esecuzione del gesto
    • Ambiente: Natura, boschi alberi ecc [non necessariamente]
    • combinazioni di movimenti molto semplici e ridotte all'osso

    Punto B*

    • aumento della velocità di esecuzione del gesto
    • aumento delle altezze fino ad arrivare a salti di fondo molto alti, maggior lavoro sulla paura
    • Ambiente: Città Strada Urbano [non necessariamente]
    • incremento del lavoro mentale e massima soglia di attenzione

    Allo stesso modo nello schema che rappresenta il freerun il fattore comune tra A e B sarà sempre la bellezza e la spettacolarità del movimento. Vediamo cosa cambia:

    Punto A:

    • forte utilizzo della componente ambientale necessaria per l'esecuzione del movimento (il praticante resta in forte connubio con l'ambiente fisico circostante)
    • elemento di corsa ancora presente
    • Ambiente: Urbano, città, strada [non necessariamente]

    Punto B:

    • elemento di corsa ridotto fin quasi al suo annullamento
    • interazione con l'ambiente estremamente ridotta (maggiore utilizzo di movimenti a corpo libero)
    • inserimento di movimenti ginnici e acrobatici puri
    • ricerca dell'adrenalina
    • Ambiente: palestra, spiaggia, prato, strutture artificiali al chiuso [non necessariamente]

    In questa piccola analisi ho volutamente omesso di scrivere alcune riflessioni importanti. Chi scrive vuole farlo cercando di capire la portata di un fenomeno. Non ho parlato dell'approccio alla preparazione, anche qui spesso differente, non ho parlato della competizione sportiva, delle motivazioni personali dei praticanti, dell'importanza di una pratica a mente aperta, della contaminazione con altre discipline, del lavoro mentale. Ho utilizzato il termine 'freerun' non nel suo significato storico, ma nel significato convenzionale utilizzato dai praticanti cercando di distinguere almeno due differenti punti di vista opposti. Per meglio comprendere le mie riflessioni vi lascio alcuni link a video per me significativi, anche questi andrebbero analizzati in maniera approfondita, vi propongo qui un ordine di lettura dei diversi contenuti multimediali.

    La domanda che mi piacerebbe che tutti si ponessero è la seguente:

    siamo sicuri che i video qui sotto raccontano la stessa disciplina?

    Alessandro Pennella


    articolo originale completo di corollario video fondamentale per la comprensione dello scritto: http://www.rhizai.it/articoli/i-confini-del-parkour

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