Scrivo di queste righe di riflessione sulla competizione in generale e perché no anche nel Parkour. Argomento quanto mai attuale, nel piccolo paese chiamato Italia.
Sono assolutamente favorevole alla competizione. Strano? Ovviamente mi riferisco a quel cum-petere che fa parte della natura umana, quel confronto sacrosanto con se stessi e gli altri per limare le proprie capacità e i propri limiti.
Questo tipo di competizione nel parkour esiste. E' una competizione sottile e spesso inconsapevole; è un meccanismo naturale che scatta nel momento in cui ci alleniamo con qualcuno, guardiamo i movimenti di altri praticanti li emuliamo o cerchiamo di migliorarli, li rendiamo nostri. Si tratta della naturale competizione che porta gli esseri viventi ad apprendere, migliorare, crescere e imparare.
Ma facciamo un brevissimo excursus storico.
Con l'avvento della società moderna l'uomo passa dall'assoggettamento a gruppi ben determinati di persone come tribù, clan, comunità nelle quali si veniva quasi completamente assorbiti ad un vero e proprio scorporamento. Nasce l'individuo moderno,con tutti gli aspetti positivi e negativi che questa nascita ha comportato.
L’uomo però non è solo un essere individuale, ma è allo stesso tempo, un essere sociale, che si relaziona con altri individui all'interno di un contesto.
Questa capacità di relazionarsi è parte della stessa natura umana. E' insita nel profondo del nostro "Io" una spinta irrefrenabile verso l’altro. Ed è in questa relazione
inalienabile con l’altro che ognuno costruisce e sviluppa la propria identità, la propria
storia e la propria felicità o infelicità.
Analizzando l'etimo della parola "competere" emerge proprio questo significato.
Competere deriva dal latino e vuol dire "andare insieme, convergere a un medesimo punto". E' composto dalla particella 'Cum' che indica unione o tendenza ad unirsi e 'Petere' che vuol dire "andare verso".
Quello che mi turba è il modo in cui abbiamo trasferito su un piano altro questo concetto di competizione.
Non sono favorevole ad una competizione indotta, dove si compete per un premio che sia materiale o meno. La competizione può deviare dalla sua naturalezza e ciò accade quando l'oggetto del competere è rimpiazzato dai premi materiali o dell'ego. Lo stesso individualismo del resto può portare ad uno snaturamento della persona quando subisce i meccanismi coercitivi dell'ego.
A proposito della pratica del parkour mi piace pensare alla deletereità di questo tipo di competizione che perde la sua naturalezza. Questa deletereità è magnificamente espressa dal pensiero del saggio cinese Tranxu che qui riporto:
“Quando l’arciere tira senza ambire a un premio particolare, ha tutte le sue capacità;quando tira per vincere una fibbia d’ottone, è già nervoso;quando tira per un trofeo dorato, diventa cieco, vede due bersagli, e perde la testa.Le sue capacità non sono andate perdute, ma il premio lo turba. Per lui è importante!Pensa più a vincere che a tirare, e il bisogno di vincere gli toglie la sua abilità”.
Alessandro 'Ax' Pennella
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